venerdì 9 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #5





Poesie metropolitane


"cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."


Il libro di oggi è "Le città invisibili" di Italo Calvino, romanzo sui generis pubblicato nel 1972. L'autore infatti concepì il libro mediante l'utilizzo della tecnica combinatoria, in modo tale il lettore si sentisse parte centrale dell'opera e giocasse con la stessa alla ricerca di combinazioni nascoste tra i vari capitoli.

Ambientato ai tempi della corte di Kublai Khan, il libro si presenta "come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan imperatore dei Tartari" (I.Calvino). Suddiviso in 9 capitoli, ognuno dei quali preceduto e seguito da una serie di riflessioni che si scambiano i due protagonisti, le varie città raccontate mostrano dei tratti tra loro comuni e vengono raggruppate in 11 serie, da 5 pezzi, alternate tra loro.
Grazie alla struttura dell'opera il lettore può decidere come meglio leggerla, seguendo o un raggruppamento o la divisione in capitoli o saltando liberamente da una città all'altra.

Nelle città invisibili non si trovano città reali, sono tutte inventate da Marco Polo in risposta alle domande sul enorme regno tartaro da parte dell'imperatore. Ogni città ha il nome classicheggiante di una donna, e dovrebbe fornire uno spunto di riflessione sulla città in generale.
Nell'opera infatti, per bocca dello stesso autore, tra la descrizione di una città ed un altra, si svolge "ora implicita ora esplicita, una discussione sulla città moderna...Che cosa è oggi la città, per noi? penso di aver scritto qualcosa come un ultimo poema d'amore alle città", e forse il miglior modo per leggere il libro è proprio come fosse una raccolta di poesie, una delle migliori del secondo novecento.






Profezie giornalistiche

Finora abbiamo proposto titoli tutto sommato cupi, a parte forse il primo consigliato, con poco spazio per commedia e leggerezza. Allora il titolo adatto a sdrammatizzare un po' quest'aria di fatalismo orrorifico/scientifico è "Accadde domani" (1944) di René Clair. 
In questa graziosa commedia fantastica, un giornalista comincia a ricevere ogni sera una copia del giornale della sera successiva, recapitatogli dall'archivista del giornale in cui lavora. Questa possibilità di sbirciare nel futuro fa ovviamente gola al nostro protagonista, che però col passare dei giorni e delle peripezie in cui si trova coinvolto, comincia a capire di aver ricevuto una maledizione più che un dono.

Clair, tra i maestri del cinema francese e mondiale, ci regala una commedia leggiadra e forse un po' ingenua, ma così delicata da creare una perfetta commistione tra fantastico e realistico, senza forzature che possano minare la sospensione dell'incredulità dello spettatore. 
Di particolare interesse sono anche la struttura stessa del film, dove la storia principale, ambientata nel 1903, è in realtà un flashback partito dal 1953 (10 anni dopo la realizzazione del film!) e tanti altri piccoli paradossi temporali, come la scena riportata in figura, dove al protagonista viene fatto notare che, essendosi seduto sugli archivi del giornale, è piombato in pieno 1843. 
Tutte queste inversioni paradossali tra "prima" e "dopo" sono richiami evidenti a quelle che saranno le vicende del protagonista, che cercherà di sfruttare queste bizzarre successioni temporali senza considerare che la veggenza, così come la conoscenza, porta con sé anche terribili conseguenze. 




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