venerdì 30 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #8



Inferno barocco

"Non so che mai sia l'inferno; io soggiorno da sempre in questo nonluogo; diciamo che sono un socio fondatore."


Il libro di questa settimana è "Dall'inferno" di Giorgio Manganelli (Biblioteca Adelphi), pubblicato per la prima volta nel 1985. 

Autore di numerose opere dalla trama e dalla forma complessa, da un lato ricorda molto Borges per il tentativo di mistificare la realtà attraverso il costante lavorio della scrittura ("Letteratura come menzogna"), dall'altra Landolfi per un certo gusto nel maneggiare la lingua italiana e perciò si inserisce perfettamente nel nostro percorso. 

L'opera è la storia di un viaggio in un inferno (o per meglio dire un non-luogo) atipico, senza fiamme né diavoli, senza dannati e senza colpe ma ciononostante sempre un luogo inquietante. Ad accompagnare il protagonista non si troverà un paterno Virgilio ma un ambiguo cerretano, non l'amata Beatrice ma una bambola-parassita poco rassicurante e durante lo stesso viaggio non gironi, colpe e dannati ma "minuti esseri" dalle forme e sembianze più strane.

Fra i romanzi dell'autore è certamente, come ricorda l'editore, il più audace sia nella forma che nel contenuto. Nonostante la sua difficile lettura (Arbasino vedeva in Manganelli un" neo-seicento iper-barocco") in un percorso sul fantastico non può mancare quest'ingegnosa opera, frutto di un grande talento letterario, forse il più retoricamente nevrotico del '900.



Il demone sotto le foglie

Se nella parte letteraria abbiamo affrontato un viaggio verso un atipico inferno, perché allora non ribaltare la prospettiva e vedere cosa succede quando i demoni vengono a visitare gli uomini e non viceversa?

Il film di questa settimana è dunque "La casa" (1981), esordio alla regia di un ventiduenne Sam Raimi. La pellicola vede cinque ragazzi andare a trascorrere le vacanze in una casetta nel bosco, dove per errore richiameranno alla vita dei demoni leggendo alcune pagine del "Necronomicon" (libro dei morti) di lovecraftiana memoria. Da qui partirà una notte di assedio da parte delle forze del Male, a cui i nostri protagonisti dovranno resistere almeno fino all'alba.

Il film è un'assoluta pietra miliare sia per quanto riguarda la produzione dello stesso Raimi, in quanto contiene già in potenza tutto ciò che andrà a comporre il suo stile eccessivo e parodistico, sia per il genere horror, che attingerà in futuro a piene mani da molte delle originalissime soluzioni visive e registiche di questo film. 
Le carrellate ondeggianti attraverso il bosco, le riprese fuori asse in stile fumettistico, gli zoom esasperati e le prospettive parossistiche vanno tutti a comporre un film votato all'eccesso (se non proprio alla parodia) ma che ciononostante non smette di inquietare anche lo spettatore più navigato, a trentasei anni dalla sua uscita.

Si consiglia anche di vedere "La casa 2" (1987), più remake che sequel del primo, girato dallo stesso Raimi, che sfrutta il budget più elevato per portare alle estreme conseguenze il suo personalissimo stile, regalandoci un film ancora più eccessivo nelle soluzioni e parodistico negli intenti.

venerdì 23 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #7


Educazione kafkiana
"Quando Gregor Samsa si svegliò una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme scarafaggio"

Il libro di questa settimana è "La metamorfosi" di Franz Kafka,  consigliato nella edizione Universale Economica Feltrinelli. L'opera, pubblicata per la prima volta nel 1915, è certamente il racconto più noto dello scrittore boemo e rappresenta una vera pietra miliare della letteratura mondiale.

La storia inizia con il protagonista, Gregor Samsa, che, svegliatosi la mattina, si ritrova trasformato in un gigantesco scarafaggio; da qui in avanti la storia si svolge del tutto naturalmente, da un lato nel tentativo da parte del protagonista di adattarsi alla nuova particolare situazione, dall'altro nel tentativo, almeno iniziale, da parte dei suoi famigliari a conviverci (vivendo Gregor insieme ai genitori e alla sorella).

Nel corso degli anni sono state proposte diverse teorie riguardo il significato allegorico del racconto, la più sostenuta delle quali scruta nelle intenzioni dell'autore la volontà di rappresentare l'emarginazione del "diverso" (lo scarafaggio) e la sua dura condanna da parte della società. 

Racconto ricco di spunti tematici, dal tema dell'alienazione a quello dell'ambiguità a quello del rapporto padre-figlio, quello che forse non si sottolinea mai abbastanza è la "forza" ivi presente del soprannaturale, un vero e proprio "pugno nel tavolo" come lo descrive Orlando, gettato con violenza fin dall'inizio dall'autore subito e tutto, senza peraltro mai spiegarne i motivi; il lettore deve accettare questa condizione imposta, pena l'interruzione della lettura.

In conclusione, leggere Kafka non è solo stimolante intellettualmente per tutti gli spunti e le tematiche che vi si trovano ma anche un atto di violenza, cui tutti almeno una volta nella vita dovrebbero sottoporsi.



L'esperimento del dottor C.
"Sono un insetto che ha sognato di essere un uomo e gli era piaciuto. Ma adesso il sogno è finito."
(Seth Brundle, uomo-mosca)

Il tema della metamorfosi è troppo affascinante per non cogliere la palla al balzo e, prendendo spunto dal racconto di Kafka di cui si è appena parlato, proporre "La mosca" (1986) di David Cronenberg.

La pellicola è un remake del celeberrimo "L'esperimento del dottor K." (1958), anche se parlare di remake è forse banalizzante nei confronti dell'opera di Cronenberg. È indubbio però che il fulcro narrativo sia lo stesso per entrambi i film: un incauto scienziato progetta e realizza una macchina per il teletrasporto. Nel provare su sé stesso il funzionamento della stessa, entrerà malauguratamente dentro il macchinario assieme ad una mosca, uscendone mutato in un essere a metà tra uomo e mosca.

Il consiglio è di vedere entrambe le pellicole, sia perché di sicuro valore cinematografico, sia per poter apprezzare meglio le modifiche e l'impronta che Cronenberg ha voluto lasciare su questo classico del cinema horror.
Il regista canadese ha infatti trovato nel film un soggetto perfetto da inserire nella sua poetica della mutazione: non a caso, a differenza del film originale, il nostro scienziato non uscirà dalla macchina praticamente già trasformato, ma andrà incontro ad un inesorabile processo di mutazione fisica e mentale che il regista non si risparmia dal mostrarci nei suoi minimi dettagli.
Coadiuvato da un trucco che gli è valso il premio Oscar nel 1987, Cronenberg ci mostra tutta l'orribile metamorfosi del protagonista nel suo stile asciutto e asettico, mostrando però in alcune scene una insolita (per lui) adesione emotiva nei confronti dell'unico esemplare della nuova specie di uomini-mosca, paradigmatico nel rappresentare l'ossessione del regista nei confronti del corpo e delle sue aberrazioni. 
A testimoniare quanto il tema della mutazione sia centrale per il suo cinema, il regista appare qui nel suo unico cameo all'interno di una sua pellicola: interpreta infatti il ginecologo che aiuta la fidanzata del protagonista a partorire una mostruosa larva in un incubo della donna. Difficile non interpretare la scelta come l'assunzione, da parte di Cronenberg, della responsabilità di portare alla luce attraverso il suo cinema le orrende mutazioni della nuova carne.

venerdì 16 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #6


Ironie Française

"Non appena si avvicinava agli ultimi capitoli, gli eroi dei suoi romanzi gli si sgretolavano tra le mani. Provava in tutti i modi a metterli in salvo, ma c'era sempre qualche fatalità che glieli portava via."


Il libro di oggi è "Martin il romanziere" di Marcel Aymé, raccolta di racconti pubblicata recentemente da L'orma editore. Autore oggi poco conosciuto, Aymè è quello che si può considerare a tutti gli effetti un "classico minore", da riscoprire, nonostante la fama e gli attestati di stima (apprezzato da Queneau e Simenon tra gli altri) durante la sua attività letteraria.



I racconti all'interno di questo libro sono stati tratti da 4 diverse raccolte, tutte edite in Francia da Gallimard, e risultano l'approccio migliore all'autore essendo la storia breve la forma in cui riesce meglio a mostrare il suo stile e a sprigionare la sua fantasia. 

Aymé é difatti un autore "fantastico" e "ironico" nei veri sensi dei termini, riuscendo spesso attraverso lo sfondo fantastico, a volte propriamente paradossale, dei suoi racconti a mostrare lati della società e inclinazioni dell'animo umano, e ad analizzarli con un acume e un ironia unici nel suo tempo.


A esempio di quanto riportato sopra basti pensare all'assurdità che fa da sfondo a  "La carta del tempo" , nel quale si ipotizza l'utilizzo di una carta che ridurrà il tempo vitale dei soggetti "inutili", per far fronte alle difficoltà economiche della guerra, garantendogli solo un certo numero di giorni di esistenza ogni mese oppure all'incredibile ubiquitarietà di "Sabine" o alla particolare condizione di "Martin il romanziere" di non riuscire a terminare un opera senza la morte dei suoi protagonisti.


In conclusione consiglio vivamente di scoprire la lettura di Aymé, autore certamente sottovalutato, che in un continuo turbinio di risate e colpi di scena riesce, in un modo o nell'altro, a colmare un vuoto in una ideale biblioteca del '900: quello dell'ironia.


I racconti di un racconto

In questa nostra cavalcata all'interno del fantastico abbiamo per ora tralasciato un intero sottogenere che spesso viene fatto coincidere col genere stesso: il fantasy. 

Partiamo quindi per questa esplorazione di mondi lontani e magici con un titolo a noi vicinissimo nel tempo e nello spazio: "Il racconto dei racconti" (2015) di Matteo Garrone.
Adattamento di racconti tratti dalla raccolta di fiabe "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile, il film mette in scena tre episodi distinti, uniti da due fili: uno di trama piuttosto sottile e uno di intenti decisamente evidente. 
In tutti e tre i racconti abbiamo dei regnanti come protagonisti: nel primo una regina ossessionata dal desiderio di maternità, fino alle estreme conseguenze; nel secondo un re, schiavo dei propri desideri carnali e vittima delle trame di due avide sorelle; ed infine nel terzo un regnante talmente assorto nell'accudire una pulce gigante da negligere completamente la sua unica figlia.

Garrone dimostra con questa pellicola di avere ben presente che nel fantasy l'estetica deve avere una dignità almeno pari con la narrazione: il film è un vero piacere per gli occhi, con inquadrature mai banali o patinate. Ad aiutarlo in questo una cura scenografica, fotografica e del trucco assolutamente di primo livello, con un ricorso rarissimo alla computer grafica. 
Venendo invece alla narrazione, il trait d'union dei tre episodi consiste nella rappresentazione dell'ossessione e nel desiderio senza confini o ritegno che provano i nostri protagonisti, ciascuno rivolgendolo ad oggetti diversi. Il film ci riporta così da un mondo magico e fatato rapidamente indietro nella nostra realtà e umanità, con tutte le sue aberrazioni, spogliandosi dell'epicità di solito riservata a questo genere di film e restituendoci quindi dei racconti di un racconto: quello del genere umano.






venerdì 9 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #5





Poesie metropolitane


"cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."


Il libro di oggi è "Le città invisibili" di Italo Calvino, romanzo sui generis pubblicato nel 1972. L'autore infatti concepì il libro mediante l'utilizzo della tecnica combinatoria, in modo tale il lettore si sentisse parte centrale dell'opera e giocasse con la stessa alla ricerca di combinazioni nascoste tra i vari capitoli.

Ambientato ai tempi della corte di Kublai Khan, il libro si presenta "come una serie di relazioni di viaggio che Marco Polo fa a Kublai Kan imperatore dei Tartari" (I.Calvino). Suddiviso in 9 capitoli, ognuno dei quali preceduto e seguito da una serie di riflessioni che si scambiano i due protagonisti, le varie città raccontate mostrano dei tratti tra loro comuni e vengono raggruppate in 11 serie, da 5 pezzi, alternate tra loro.
Grazie alla struttura dell'opera il lettore può decidere come meglio leggerla, seguendo o un raggruppamento o la divisione in capitoli o saltando liberamente da una città all'altra.

Nelle città invisibili non si trovano città reali, sono tutte inventate da Marco Polo in risposta alle domande sul enorme regno tartaro da parte dell'imperatore. Ogni città ha il nome classicheggiante di una donna, e dovrebbe fornire uno spunto di riflessione sulla città in generale.
Nell'opera infatti, per bocca dello stesso autore, tra la descrizione di una città ed un altra, si svolge "ora implicita ora esplicita, una discussione sulla città moderna...Che cosa è oggi la città, per noi? penso di aver scritto qualcosa come un ultimo poema d'amore alle città", e forse il miglior modo per leggere il libro è proprio come fosse una raccolta di poesie, una delle migliori del secondo novecento.






Profezie giornalistiche

Finora abbiamo proposto titoli tutto sommato cupi, a parte forse il primo consigliato, con poco spazio per commedia e leggerezza. Allora il titolo adatto a sdrammatizzare un po' quest'aria di fatalismo orrorifico/scientifico è "Accadde domani" (1944) di René Clair. 
In questa graziosa commedia fantastica, un giornalista comincia a ricevere ogni sera una copia del giornale della sera successiva, recapitatogli dall'archivista del giornale in cui lavora. Questa possibilità di sbirciare nel futuro fa ovviamente gola al nostro protagonista, che però col passare dei giorni e delle peripezie in cui si trova coinvolto, comincia a capire di aver ricevuto una maledizione più che un dono.

Clair, tra i maestri del cinema francese e mondiale, ci regala una commedia leggiadra e forse un po' ingenua, ma così delicata da creare una perfetta commistione tra fantastico e realistico, senza forzature che possano minare la sospensione dell'incredulità dello spettatore. 
Di particolare interesse sono anche la struttura stessa del film, dove la storia principale, ambientata nel 1903, è in realtà un flashback partito dal 1953 (10 anni dopo la realizzazione del film!) e tanti altri piccoli paradossi temporali, come la scena riportata in figura, dove al protagonista viene fatto notare che, essendosi seduto sugli archivi del giornale, è piombato in pieno 1843. 
Tutte queste inversioni paradossali tra "prima" e "dopo" sono richiami evidenti a quelle che saranno le vicende del protagonista, che cercherà di sfruttare queste bizzarre successioni temporali senza considerare che la veggenza, così come la conoscenza, porta con sé anche terribili conseguenze. 




venerdì 2 giugno 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #4



Possono i libri far ancora paura?



"Potete immaginare che cosa fossero le mie notti, a partire da quella"


Il libro di oggi è "Giro di vite" di H.James nella traduzione di Fausta Cialente (ET classici Einaudi), romanzo breve pubblicato originariamente nel 1898 considerato tra i più celebri dello scrittore statunitense. 

Ambientato nell'Inghilterra vittoriana, il narratore è una giovane istitutrice cui vengono affidati due bambini, Flora e Miles, rimasti orfani e consegnati alle cure dello zio, il quale non avendo tempo per crescere i due li ha stabiliti in una dimora in campagna. 
In questo ambiente isolato dal mondo, e ricco di caratteristiche ambientali proprie del "gotico", la giovane protagonista sarà testimone di una serie di terribili apparizioni e cosa ancora peggiore si renderà conto che proprio i giovani fanciulli ne sono il bersaglio. 
Proprio nel rendere vittime di una storia di fantasmi due bambini consiste il "giro di vite" che James opera nel romanzo, intendendo con questa espressione "intensificare, aumentare il terrore".

Descritto inizialmente dallo stesso autore come "a bona fide ghost story", il romanzo intreccia magistralmente gotico e psicologico; ciò che pare veramente interessare James non è tanto la storia in sé o quanto credito il lettore darà alle parole dell'istitutrice o se la crederà pazza, ma come di fronte all'orrore reagisca l'animo umano.

Per tornare alla domanda nel titolo, in un mondo talmente dominato dalle immagini e dalla istantaneità con cui vengono condivise, verrebbe da rispondere di no, ma in seguito alla lettura di "Giro di vite" la risposta non pare tanto scontata.




Urla nello spazio

"Domani seppelliremo Garr; dovremo lasciare un'altra tomba su questo pianeta ostile"(Capitano Mark Markary)
Dopo due uscite dedicate rispettivamente a fantascienza e horror, è arrivato il momento di andare a vedere l'effetto che fanno questi due generi quando sono mischiati in maniera sapiente. 

Il film della settimana è "Terrore nello spazio" (1965) di Mario Bava, regista cui avevamo già accennato nella scorsa uscita. La pellicola vede protagonisti degli esploratori spaziali che, giunti sulla superficie di un pianeta sconosciuto con due astronavi, cadono vittime di una temporanea follia omicida. L'equipaggio di una delle due navicelle riuscirà ad uscirne indenne, mentre l'altra nave vedrà morire tutti i suoi occupanti. Mentre il capitano Markary e il suo equipaggio tenteranno di chiarire il mistero di questo pianeta, i loro compagni appena seppelliti, tornati apparentemente in vita, cercheranno di impadronirsi delle astronavi e dei loro occupanti.

Considerato uno dei capolavori della fantascienza italiana, "Terrore nello spazio" ci regala una prova magistrale di Bava, sia nelle vesti di regista, dove dimostra la sua bravura nel tenere alta la tensione fino ad un finale amaro ed ironico tipico del suo stile, che di capo degli effetti speciali, che ci spingono per tutta la pellicola a chiederci come sia riuscito a realizzarli.
Sebbene ci siano alcune ingenuità tipiche della fantascienza d'epoca, allo spettatore appassionato del genere questo film darà ogni sorta di soddisfazione: da un lato per la ripresa di alcuni temi classici del sci-fi, dall'altro per alcune innovazioni visive e narrative di livello assoluto (tanto da ritrovarle ben quattordici anni dopo in una delle pietre miliari del fanta-horror, "Alien" di Ridley Scott).
In conclusione, anche se "nello spazio nessuno può sentirti urlare", possiamo almeno essere certi che alcune di queste urla sono in italiano!