venerdì 28 luglio 2017

GIRO D'ITALIA #1: LAZIO

Dopo aver esplorato nelle scorse settimane il genere fantastico, iniziamo da oggi una nuova rubrica intitolata "Giro d'Italia", un viaggio letterario e cinematografico attraverso il Bel Paese con tappe in varie Regioni. I titoli che di volta in volta proporremo verranno scelti proprio per la loro capacità di rappresentare i territori in cui sono ambientati e le popolazioni che li abitano, nella speranza che tutti questi affreschi di condizioni e situazioni locali possano andare a comporre un solo grande ritratto dell'Italia.
Nel scegliere la Regione da cui far partire questo viaggio, la scelta è ricaduta per forza di cose sul Lazio, e nella fattispecie sulla città eterna, Roma.




"...un giorno, con un amico suo, aveva prestato un froscio,per rubargli un par di mila lire, e quando il compagno suo gli disse: <<Aòh,l'avemo ammazzato>> ,senza manco guardarlo,quello rispose <<E che me frega.>>"

Il primo "romanzo criminale"

Iniziando la nuova rubrica settimanale con l'intento di compiere un viaggio in giro per l'Italia, si è deciso, arbitrariamente, di partire  proprio dalla capitale, per poi diramarci nel resto della penisola. 
I Libri che parlano di Roma, in varie epoche e contesti,sono molto numerosi; dovendo sceglierne uno per cominciare, la scelta è ricaduta su "Ragazzi di vita" di P.P.Pasolini, sia per l'impatto che ebbe appena uscito sia perché ritengo ancora oggi possa insegnarci molto.

Romanzo pubblicato per la prima volta da Garzanti nel 1955, la storia si svolge nella Roma dell'immediato secondo dopoguerra con protagonisti giovani adolescenti appartenenti al sottoproletariato romano. L'opera, più di stampo saggistico-descrittivo che non narrativo, ci racconta la vita di borgata dove i protagonisti si organizzano in vere e proprie bande nell'intento di passare la giornata, in un commisto di spirito di sopravvivenza e lotta alla noia (non è da escludere infatti che molte delle malefatte commesse da questi giovani ragazzi siano più per noia che non per fame, e anche su questo punto Pasolini ci lascia molto su cui ragionare).

L'autore, sfruttando poche semplici situazioni di una parte del sottoproletariato romano, riesce a mostrare il degrado sociale che colpisce non solo la capitale ma l'Italia intera nel secondo dopoguerra.
"Ragazzi di vita" è un opera intrinsecamente politica, ci fa sbattere contro la realtà e ci lascia storditi; ancora oggi è possibile rivedere nel nostro paese uno specchio di quanto si trova nel libro (si pensi ad esempio al crollo della scuola dove erano allocati gli sfollati) e forse proprio per questa sua violenza venne accolto malamente dalla critica letteraria dell'epoca (celebri le stroncature di Asor Rosa e Cecchi per citarne alcune).

In conclusione ritengo che leggere Pasolini sia come prendersi uno schiaffo in faccia, fa male ma alle volte serve per destarsi dal sonno.




Santi di città

La scelta della voce di Pier Paolo Pasolini e delle immagini di "Accattone" (1961) per raccontare Roma è forse provocatoria, ma sicuramente non fine a sé stessa.
La pellicola, esordio cinematografico di Pasolini, racconta la storia di Accattone, un pappone la cui protetta è finita in carcere e che si trova quindi costretto a vivere di espedienti per riuscire a non morire di fame.

La storia è ambientata in una profonda periferia romana, inquadrata da Pasolini sotto forma di catapecchie fatiscenti, cantieri immobili e distese polverose, e per contro popolata invece da una umanità brulicante e viva, un sottoproletariato urbano che il regista ha deciso di elevare al di sopra della sua condizione. La critica sociale e politica verso la borghesia e la sua omologazione culturale si manifestano proprio in questa rappresentazione carica di pietas ed umanità dei diversi, di una classe sociale che vive costantemente sul filo che separa il paradiso dall'inferno, come ci conferma la citazione del Purgatorio di Dante ad inizio film.
Questo richiamo alla religione viene costantemente messo in luce nel film dai dialoghi, ricchi di espressioni religiose, da alcune  inquadrature dal carattere iconograficamente religioso e dall'uso delle musiche di Bach come contrappunto solenne alle tante situazioni miserevoli.

Anche grazie ad un uso della macchina da presa molto personale e particolare, Pasolini con "Accattone" ci regala una visione del sottoproletariato urbano romano intrisa di epos e di sacralità, che ne fanno sicuramente uno dei film più adatti per rappresentare la Città Santa.




venerdì 21 luglio 2017

RICAPITOLANDO...


Nel caso vi foste persi qualcosa

Arrivati alla decima tappa del percorso attraverso il fantastico, ricapitoliamo i titoli proposti fino ad ora!
  • #1 "La macchina del tempo" (H.G. Wells)
         "Big fish" (Tim Burton)
  • #2 "Finzioni" (J.L. Borges)
         "Metropolis" (Fritz Lang)
  • #3 "Ombre" (Tommaso Landolfi)
         "I vampiri" (Riccardo Freda)
  • #4 "Giro di vite" (Henry James)
         "Terrore nello spazio" (Mario Bava)
  • #5 "Le città invisibili" (Italo Calvino)
         "Accadde domani" (René Clair)
  • #6 "Martin il romanziere" (Marcel Aymé)
         "Il racconto dei racconti" (Matteo Garrone)
  • #7 "La metamorfosi" (Franz Kafka)
         "La mosca" (David Cronenberg)
  • #8 "Dall'inferno" (Giorgio Manganelli)
         "La casa" (Sam Raimi)
  • #9 "Il miracolo di Teofilo" (Rutebeuf)
         "Storia di fantasmi cinesi" (Siu-Tung Ching)
  • #10 "Dissipatio H.G." (Guido Morselli)
           "Tetsuo" (Shinya Tsukamoto)

Ad oggi abbiamo esplorato solo una minima parte del mondo del fantastico nel cinema e nella letteratura. Completata questa prima parte del percorso e riproponendoci nel prossimo futuro di ampliarlo, sospendiamo momentaneamente la Piccola Raccolta di Storie Incredibili e dalla prossima settimana inaugureremo una nuova rubrica settimanale tutta dedicata all'Italia!

venerdì 14 luglio 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #10



"In città ero spettatore, qui io devo vivere. Dove sono andati. Perché sono andati."

Dissipatio M.G.


Il libro di questa settimana è "Dissipatio H.G." romanzo scritto da Guido Morselli e pubblicato postumo nel 1977 da Adelphi. Rappresenta l'ultimo romanzo di questo sfortunato scrittore (tutti i suoi libri verranno pubblicati postumi), precedente di qualche mese il suo suicidio.

Il titolo viene spiegato dall'autore stesso all'interno del libro ed è ispirato dal filosofo neoplatonico Giamblico; la sigla H.G. sta infatti per Humani Generis ("del genere umano") e dissipatio si può tradurre in "evaporazione". 
Difatti il libro è un romanzo di fantascienza post-apocalittica in cui il protagonista, dopo un tentativo fallito di suicidio, si ritrova unico abitante del globo terrestre. Non viene spiegato, e non è neanche importante dopotutto, il motivo di questa sparizione improvvisa dell'umanità e una volta accettatone il destino il protagonista si trova a ragionare sulla sua vita e sul concetto stesso di esistenza, sfiorando più volte la tematica del suicidio. 

Morselli tramite questo romanzo ci lascia una sorta di testamento poetico e filosofico del suo credo, una sorta di regolamento dei conti ma, ironia della sorte, senza morti e feriti,  piuttosto con una calma e una lucidità invidiabile (come ricorda lo stesso Manganelli in una recensione al libro). 
Giocando sul rovesciamento dei termini (il suicida è vivo e i vivi sono morti), l'autore ci regala pagine di pensieri memorabili su diversi temi, dalla società contemporanea alla antropologia,dalla filosofia all'ecologismo.

Autore per nulla (ri)conosciuto in vita, oggi entrato di diritto nel canone dei classici della letteratura italiana, la sua lettura si pone  sempre come una sfida e perciò assolutamente stimolante e consigliata.





Mutazione meccanica

Dopo esserci addentrati nel cinema di Hong Kong la scorsa settimana, rimaniamo ancora questa in estremo Oriente, per parlare di uno dei capostipiti del cinema cyberpunk giapponese: "Tetsuo" (1989) di Shinya Tsukamoto.

Un uomo, feticista del metallo, viene investito in strada da un modesto impiegato, che a seguito dell'incidente comincerà a trasformarsi gradualmente in un uomo-macchina, di cui ogni parte del corpo verrà inesorabilmente sostituita da freddo metallo.

Partendo da questa trama apparentemente semplice e scarna, Tsukamoto compie una serie di veri e propri atti di violenza verso lo spettatore, sia sul piano narrativo che sul piano visivo.
Dal punto di vista narrativo, la fabula e l'intreccio tendono a non coincidere mai, con una narrazione continuamente inframezzata da deliri e visioni del protagonista, che accompagnano la sua lenta trasformazione in macchina.
Dal punto di vista visivo, il regista sopperisce alla scarsità di fondi con una inventiva sconfinata e allucinata, utilizzando in maniera geniale la ripresa in stop motion, un trucco e dei costumi perfetti e un bianco e nero sporco ma calzante.

Dichiaratamente ispirato dai film di Cronenberg, Tsukamoto reinventa in chiave cyberpunk il tema della mutazione, per esternare in maniera violenta la sua paura per la dipendenza dell'uomo dalla tecnologia. Qui si compie l'atto di violenza più forte nei confronti dello spettatore, ovvero il costringerlo ad assistere senza censure alle estreme conseguenze del rapporto malsano tra uomo e macchine, culminante nell'iconica scena che potete ammirare nell'immagine qui sopra: l'orrendo uomo-macchina, nell'assumere la posa della statua della libertà, proclama l'inizio della sua crociata per la conquista dell'umanità.

venerdì 7 luglio 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #9





"...lui fa l'orecchio da mercante, | e non si cura delle mie quisquilie. | Da parte mia gli farò uno sberleffo. | Vergogna a chi è contento di servirlo!"

Il primo patto con il diavolo


Il libro di questa settimana è "Il miracolo di Teofilo" (Edizioni dell'Orso), dramma liturgico in francese antico di Rutebeuf (messo in scena tra il 1263-64). 



Vi si racconta la storia di san Teofilo di Adana, della quale girarono diverse versioni nel corso degli anni, tra cui una molto celebre contenuta nella Legenda aurea. La leggenda godette di larghissima popolarità per tutto il medioevo, inoltre si può considerare una delle prime opere in letteratura ad introdurre "il patto" con il diavolo.



La trama parte proprio con il pio Teofilo che, destituito dalla sua carica dal nuovo vescovo , rinnega il proprio Dio e pieno di rancore riesce a incontrare Salatino, un ebreo capace di interagire con il diavolo.  

Grazie alla mediazione e all'incontro con il diavolo, il protagonista firma un patto con il sangue in cui certifica la sua abiura e l'asservimento al nuovo padrone; grazie a ciò il giorno successivo torna nelle grazie del vescovo e riottiene la carica perduta.
Dopo sette anni Teofilo però si pente del suo gesto e chiede l'intercessione della Vergine, la quale in prima istanza lo sgrida, poi resasi conto del suo sincero pentimento si promette di recuperare il documento del patto. 
La storia si concluderà proprio con il recupero della "charte" e la sconfitta del diavolo, permettendo al futuro santo di morire in possesso della propria anima.


L'elemento del fantastico è qui ben diverso dalle opere viste in precedenza, è un soprannaturale ancora ancorato alla religione, feudale, con una trama e uno stile relativamente semplici senza alcun tipo di indagine psicologica nella reazione dei personaggi. Interessante da notare l'insistenza del diavolo nel firmare un documento per attestare la servitù di Teofilo, quasi fosse una pratica burocratica a tutti gli effetti, ritrovandoci di fronte ad un vero e proprio atto di vendita notarile (acutamente Orlando in un suo saggio fa notare come agli occhi di un contemporaneo ciò risulti molto strano, questo a causa di una visione religiosa resasi negli anni più metafisica e spiritualizzata). 



L'opera si inserisce bene nel percorso del fantastico per la sua importanza storica, essendo uno dei primi racconti al soprannaturale ad ottenere ampio successo in giro per l'Europa e a introdurre il topos letterario del patto con il diavolo.


Dalla Cina con orrore

Se la scorsa settimana abbiamo parlato dei demoni "evocati" da Sam Raimi nei boschi americani, oggi riprendiamo il tema spostandoci però nell'estremo oriente con "Storia di fantasmi cinesi" (1987) di Siu-Tung Ching.

La pellicola, ambientata in un Medioevo fantastico, vede come protagonista il giovane esattore delle tasse Ning, spedito a raccogliere i tributi in una sperduta cittadina ai confini dell'Impero. Squattrinato e inumidito dalla pioggia che lo accoglie in paese, Ning decide di soggiornare in un tempio abbandonato, senza sapere che in realtà questo è dimora di fantasmi e demoni per nulla intenzionati a lasciarlo in pace.

Il film che prende il via da questo spunto di trama è uno dei gioielli della produzione di Hong Kong, un sapiente mélange di svariati generi cinematografici: si spazia dal film horror alle arti marziali, passando per il melodramma e la commedia, senza mai snaturare il film o i generi che esso contiene.
Il parallelo con Raimi fatto all'inizio non è casuale e si fa più forte ancora nel vedere i tanti spunti che Siu-Tung Ching prende dal regista americano (basti guardare la primissima scena e si riconoscerà la carrellata iconica de "La casa") adattandoli però alla sua ipercinetica idea di cinema e alle tradizioni sia della cultura cinese che del cinema di Hong Kong.

È proprio in questo saper mescolare con mestiere un grandissimo numero di influssi, di generi e di ispirazioni che si ritrova la forza del film, che rimane ad ora uno dei film di intrattenimento più interessanti della poliedrica produzione made in Hong Kong.