venerdì 14 luglio 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #10



"In città ero spettatore, qui io devo vivere. Dove sono andati. Perché sono andati."

Dissipatio M.G.


Il libro di questa settimana è "Dissipatio H.G." romanzo scritto da Guido Morselli e pubblicato postumo nel 1977 da Adelphi. Rappresenta l'ultimo romanzo di questo sfortunato scrittore (tutti i suoi libri verranno pubblicati postumi), precedente di qualche mese il suo suicidio.

Il titolo viene spiegato dall'autore stesso all'interno del libro ed è ispirato dal filosofo neoplatonico Giamblico; la sigla H.G. sta infatti per Humani Generis ("del genere umano") e dissipatio si può tradurre in "evaporazione". 
Difatti il libro è un romanzo di fantascienza post-apocalittica in cui il protagonista, dopo un tentativo fallito di suicidio, si ritrova unico abitante del globo terrestre. Non viene spiegato, e non è neanche importante dopotutto, il motivo di questa sparizione improvvisa dell'umanità e una volta accettatone il destino il protagonista si trova a ragionare sulla sua vita e sul concetto stesso di esistenza, sfiorando più volte la tematica del suicidio. 

Morselli tramite questo romanzo ci lascia una sorta di testamento poetico e filosofico del suo credo, una sorta di regolamento dei conti ma, ironia della sorte, senza morti e feriti,  piuttosto con una calma e una lucidità invidiabile (come ricorda lo stesso Manganelli in una recensione al libro). 
Giocando sul rovesciamento dei termini (il suicida è vivo e i vivi sono morti), l'autore ci regala pagine di pensieri memorabili su diversi temi, dalla società contemporanea alla antropologia,dalla filosofia all'ecologismo.

Autore per nulla (ri)conosciuto in vita, oggi entrato di diritto nel canone dei classici della letteratura italiana, la sua lettura si pone  sempre come una sfida e perciò assolutamente stimolante e consigliata.





Mutazione meccanica

Dopo esserci addentrati nel cinema di Hong Kong la scorsa settimana, rimaniamo ancora questa in estremo Oriente, per parlare di uno dei capostipiti del cinema cyberpunk giapponese: "Tetsuo" (1989) di Shinya Tsukamoto.

Un uomo, feticista del metallo, viene investito in strada da un modesto impiegato, che a seguito dell'incidente comincerà a trasformarsi gradualmente in un uomo-macchina, di cui ogni parte del corpo verrà inesorabilmente sostituita da freddo metallo.

Partendo da questa trama apparentemente semplice e scarna, Tsukamoto compie una serie di veri e propri atti di violenza verso lo spettatore, sia sul piano narrativo che sul piano visivo.
Dal punto di vista narrativo, la fabula e l'intreccio tendono a non coincidere mai, con una narrazione continuamente inframezzata da deliri e visioni del protagonista, che accompagnano la sua lenta trasformazione in macchina.
Dal punto di vista visivo, il regista sopperisce alla scarsità di fondi con una inventiva sconfinata e allucinata, utilizzando in maniera geniale la ripresa in stop motion, un trucco e dei costumi perfetti e un bianco e nero sporco ma calzante.

Dichiaratamente ispirato dai film di Cronenberg, Tsukamoto reinventa in chiave cyberpunk il tema della mutazione, per esternare in maniera violenta la sua paura per la dipendenza dell'uomo dalla tecnologia. Qui si compie l'atto di violenza più forte nei confronti dello spettatore, ovvero il costringerlo ad assistere senza censure alle estreme conseguenze del rapporto malsano tra uomo e macchine, culminante nell'iconica scena che potete ammirare nell'immagine qui sopra: l'orrendo uomo-macchina, nell'assumere la posa della statua della libertà, proclama l'inizio della sua crociata per la conquista dell'umanità.

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